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PSA&FRIENDS 2015

BACK IN THE RACE
DS 23 PALLAS

(lr) – Certe volte nella vita si ha qualche piccola fortuna. Come quella di poter raccontare, in poche righe… cosa significhi guidare una DS Pallas. Quella Pallas, a differenza della DS 23 di DS Italia, nelle immagini della clip, era una Citroen DS 21 Pallas. Bianca con interni rossi e bianchi. Tenuta con grande cura dal suo proprietario che, al momento dell’acquisto, l’aveva preferita ad una Mercedes. Essì, perché a quei tempi (Anni ’70) la Citroen DS Pallas era l’alternativa a Stoccarda. Un’alternativa distintiva che poneva il cliente/proprietario in una dimensione di eleganza francese, d’alta moda, quasi, che era, invece, sconosciuta a chi sedeva al volante delle Mercedes. Anche perché allora girava la battuta “togliete la Mercedes a quello che la guida in canottiera in Costa Smeralda…”
La cura quasi maniacale con cui quell’auto era conservata mi ha sempre messo soggezione, ricordo con quanto timor riverenziale (patente fresca…) mi avvicinai alla portiera lato guida per – finalmente – salire a bordo non da passeggero, bensì da driver.
Abituato alla FIAT entrare in quel lusso fu quasi “scioccante”. L’abitacolo sembrava appena finito, opera delle sarte di YSL, con quell’arredamento bianco e rosso, con divani giganteschi (ricorda: ero appena sceso da una FIAT), larghi, comodi, profondi, accoglienti, insomma il salotto di un’attico a Place Vendôme. E poi le due poltrone, due ma non separate, così davanti ci potevi stare in tre, (cambio al volante… freno di stazionamento a pedale…) altrettanto grandi, spaziose. Grandi viaggi, da Parigi alla Normandia… per esempio. Oppure un tour nella regione dello champagne. Quella era la mission della DS.
Ma la cosa che mi colpì di più, al di là della dinamica di marcia fu la sensazione di “soffice” che sentii sotto i piedi appena al volante.

Quello non era un tappetino qualunque.

Era la differenza tra un’automobile ed una macchina.

Galleria fotografica (Archivio DS)

 

PSA&FRIENDS 2015

Che ne sai tu…

Oggi te la raccontano facile. In realtà chi la racconta la conosce solo perché l’ha studiata sui libri di storia, perché è stato istruito in qualche corso di marketing. Oggi ti raccontano che la 2CV è stata un’automobile speciale, diversa, di tendenza, alternativa, affascinante… e giù aggettivi per magnificare un prodotto che non c’è più. “Loro” hanno più o meno la metà degli anni miei.

Che ne possono sapere della 2CV.

Allora il mondo “automotive”, che non si chiamava così neanche tra gli addetti ai lavori, pochi i giornalisti dell’auto, era diviso in due. Da una parte la 2CV e dall’altra la Mini, quella vera, quella di Issigonis.
Le vedevi in strada e capivi le differenze.
La 2CV era dichiaratamente alternativa. Al volante vedevi il libero pensiero. Era insidiata solo dalla R4. Ma per me questa, già allora, era un’automobile antipatica… era “fuori dal parlamento”, senza le “grazie”…

Citroen 2CV, diciamo anche la Diane, era, erano, automobili “leggere e spensierate” che facevano venir voglia di andare in spiaggia di notte ed accendere un fuoco per guardar le stelle con la bionda (fatto!) oppure di scorrazzare per la campagna d’agosto riarsa dal sole del Sud per mangiare frutta dagli alberi (fatto) senza pensieri insieme al sorriso smagliante della brunetta del momento (fatto) E poi d’inverno le prime lezioni all’università sbirciando le minigonne in aula e ritrovarle in auto per aver accettato un cavalleresco “ti accompagno io!” (fatto).
Nei lunghi e freddi pomeriggi era sempre la 2CV che t’accompagnava nell’avventura di una vita, allora, spensierata. L’altra, l’inglese, era più “omologata”, regalava meno l’idea dirompente della libertà. Patrimonio, DNA, solo della 2CV.

E mi ricordo, costava seicentomila lire e con 300 lire mettevi qualche litro di benzina, quel tanto che bastava per girare una giornata.
Poi domani… un altro giorno.

Nota. Il titolo è un evidente richiamo

nb… vabbe’ c’era un errore INCREDIBILE… lo stress, la fretta. Non ci posso credere, è capitato pure a me. Orrore.

Galleria fotografica (Archivio Citroen)